Il mio carattere, con l’esperienza dell’emigrazione, e’ peggiorato.
Da una parte sono piu’ aggressiva, intollerante, con scarsa capacita’ di attenzione e spiccata attitudine a pensare che il mio interlocutore probabilmente non capira’, non sa di che parlo, la sua visione e’ limitata.
Dall’altra la mia follia congenita ha trovato uno sbocco professionale, qualche riconoscimento, un fottuto spazio ai margini del sociale. Una plausibile integrazione. Integratie.
Oggi lavoravo con un artista cinese, il computer che gli stavo settando aveva una password, a dir poco ilare: integratie. Significa integrazione in olandese, e suona troppo vicina alla parola deportatie, che e’ molto in voga nel clan della foreign police.
Ottimo, ho pensato io. Ottimo, deve aver pensato lui, che non spiccica una parola di inglese.
Bene, abbiamo tolto la password di comune accordo, senza bisogno di parlare. Questo computer e’ aperto, eh si, e’ un computer aperto. No password, no identification, no login.
Tutti gli user sono uguali.
Ce la siamo passata bene io e il cinese, peccato io lo abbia chiamato ‘il giapponese’ per tutta la sera, sinche’ qualcuno mi ha detto ‘vedi che e’ cinese’.
Perfetto, il giapponese e’ in realta’ cinese, ma chi se ne frega, comunque non ci capisco un cazzo, e non so come chiedergli il nome, ne’ pretendo di insegnargli il mio (una ragazza di Shanghai, poco prima, ha impiegato circa 10 minuti provando a ripeterlo, sinche’ non le ho abbonato un biascicato ‘ele’. ‘That’s enough’).
Tornando al cinese, l’unica cosa che sono riuscita a fargli capire, con decisione, e’ stato il fatto che le mani sul computer le metto solo io. Tutti intorno a noi insistevano su questo punto. Ha capito, si e’ fidato.
Sai, a volte, con tutta questa integrazione, mi prudono, le mani. E’ meglio se le tengo su un computer, sempre molto meglio.
Ogni tanto mi sorprendo a fendere l’aria, pensando ai miei nemici.
(Sto scoprendo, purtroppo e di recente, di averne, di nemici).
Non sono mai stata violenta (prima bugia di questo blog ;p), lo sono diventata con l’eta’.
Un po’ quando sono andata via dal focolare materno, a quasi 18 anni, un po’ con l’esperienza. Non mi piace l’aggressivita’. Eppure poco fa, alla fermata del treno, riflettevo su come colpire la ‘vecchia mummia’ senza essere ingabbiata, vista, fermata. Non voglio nulla di spettacolare, mi basta che lei si faccia male e capisca come mai si merita i ceffoni.
Spero che il ‘vecchio troione’ non osi attraversare il confine olandese, spero non osi passeggiarmi davanti. Lo ha fatto gia’ una volta, e non le ho dato neppure un calcio. Anzi, poco ci e’ mancato mi gettassi in un canale con una zavorra al collo.
Ma la mente non si ferma, ed io continuo ad immaginare la mia rivalsa, a ripercorrere gli stessi tempi e le stesse stragi con esiti diversi.
Voglio solo farle capire che e’ meglio se si spara in bocca. Di certo, non le consiglio di farsi vedere da me.
Poi in realta’ sono un coniglietto, di quelli non tanto sexy ma abbastanza scemi, innoqui, e corro da quando sono nata urlando "e’ tardi, e’ tardi".
Chissa’ perche’ fatico. Al mondo c’e’ molta gente che non ha voglia di far nulla. Tra questi, vi sono i fortunelli con il cuore in pace, che gioiscono dell’ozio senza pretese, ed i megalomani come me, curiosi di tutto e con la bava di imparare, ma al tempo stesso un nichilismo isterico al posto del freno a mano. Perche’ bisogna capire cercare migliorarsi trasformare studiare essere? Perche’ non ammettiamo tutti che non ce ne importa nulla, e non ci va?
Che andiamo cercando se in fondo sentiamo che e’ IRREVERSIBILE, il mondo e’ in uno stato di marciume che non si puo’ correggere, invertire, curare. Avrei bisogno di qualcuno che curasse me, piuttosto, e urgentemente :D
Il mondo e’ come l’amore rancido, o la paura di volare: ti inchioda a terra, e non ti stacchi da li’. Fa schifo, il reale e’ tetro quanto il nichilismo che provoca.
Il megafono annuncia la stazione di Leiden. Sbuffo. Siamo gia’ a meta’ strada.
Io parlotto da sola in italiano mentre scrivo, nessuno si stupisce, la biondazza di fronte a me simpatizza, al secondo sorriso ho gia’ paura mi voglia ‘concupire’. Sai, le olandesi vanno subito al dunque, io no. Preferisco tirarmela, come fosse un elastico.
Paura.
Interpreto in modo simbolico la mia ferita alla mano: sono stata morsa perche’ sono diventata aggressiva.
Forse la vita vuole dirmi qualcosa.
L’altra notte ho smarrito un anello, un anello importante.
L’ultima volta che ho perso un bracciale, di quelli indissolubili da me, una mia amica, per consolarmi, mi ha detto: "Quando perdi un gioiello trovi un affetto".
Pochi giorni dopo mi ero riconciliata con il mio ex fidanzato. Tocco ferro, solo al pensiero. Quando ho perso questo anello, che ho comprato a me stessa una mattina d’estate in segno di autofidanzamento, (se avessi potuto, ne avrei presi due identici, uno per mano), ho iniziato a cercarlo in tutti i modi, sospesa davanti alla porta della worm, casa discografica di Rotterdam. Tre compagni di merenda mi aspettano al varco, impazienti di pedalare via. Io insisto, non voglio perderlo.
Ringrazia che hai ancora la mano, e’ solo un anello. Si lo so, ma e’ un oggetto simbolico.
Me ne vado pensando che mandero’ una mail, appena giunta a casa, al DJ della serata, che conosco e che mi ha appunto appena chiesto di scrivergli.
Gli chiedero’ di recuperare l’oggetto perduto, e altro ancora.
Mi avvicino al gruppo, proclamando il mio timore, non come una perdita materiale bensi’ come segno simbolico.
"Eleonora, you know what is symbolic??" Mi apostrofa uno dei tre amici, sfoggiando la sua saggezza dark rumena.
"Si, lo so, si chiama PARANOIA".
Il treno si e’ bloccato a Leiden, di questo passo posso scrivere un romanzo. Riparte, fiuh.
Insomma, dell’anello ancora nessuna notizia. Per quanto riguarda le predizioni, mi turba alquanto questa storia dell’affetto: a me, al momento, andava benissimo il gioiello.
Non lo avrei cambiato con niente.
Poi, a pensarci bene, la parola affetto in italiano mi richiama troppo l’idea di qualcosa a fette, e la cosa non mi mette a mio agio.
Certo che la bionda ha due cosciotti, noto di colpo, facendo associazione di idee.
Tra l’altro ho una gran fame, non mi dispiacerebbe del prosciutto, in barba ai vegani e a chi mi vuole male.
Sorpasso un pensiero con l’altro, decido che il mio anello e’ andato dove doveva andare.
La preoccupazione permane…
No grazie, affetto no grazie, sono SAZIA. No, non sono magra ho detto che sono sazia, NON MI VA NON MI VA NON MI VA. Mi sono appena ricordata che ho cose da fare, tra l’altro si e’ fatto tardi e comunque addio.
Qualcuno mi spedisce una gif tramite blutooth.
Eccola:
Alla faccia della tamarrata, ma non sara’ un rappresentante di automobili?
Sento puzza di piscio, la bionda e’ ancora li’, ma io voglio andare a casa, al piu’ presto.
Guardo gli elementi, sono stufa, metto via il computer, niente prosciutto ne’ affettati, mi tocchera’ buttarmi a letto affamata anche stasera *
Io dalla psicologa non ci sono mai stata, anche perche’ mi hanno detto che il mio caso e’ incurabile, e comunque costerebbe molto, troppo. Mia madre, quando ero bambina, mi rimproverava sempre quando giochicchiavo con gli anelli: diceva che e’ un richiamo sessuale, sorta di ficca-ficca. Io avevo sette anni e cincischiavo con ogni cosa mi capitasse tra le mani, ignara di tutto. Abbandonato l’anello, iniziavo a tamburellare il ritmo che mi ronzava in testa, picchiando le dita sul tavolo, facendo rimbalzare la porta con i piedi. Allora si incazzava mio padre, che stava leggendo. Poche discussioni: una legnata secca, e il ritornello era finito. Torno in cucina, da mamma. Canto, che mi passa la paura. Mamma si indigna: le vere signore non cantano, non compongono canzoni e ritmi, non urlano a squarciagola. Durante la mia infanzia nessuno, dico nessuno, mi ha mai chiamata con il mio vero nome sino a quando non ho smesso di rispondere altrimenti, verso appunto i sette anni. Mi chiamavano Bugi, diminutivo di ‘bugigattolo’, poiche’ infatti mi nascondevo sempre, sotto il tavolo, dietro ai mobili, negli angoli, aggrappata ad un qualche libro da leggere. Oggi mi faccio chiamare con altri nomi e soprannomi, mia madre ha smesso di accusarmi di atti osceni, la voce di mio padre e’ spezzata dal delay del voip, ma la voglia di nascondermi, e la paura di cantare, e la paura di nascondermi, e la voglia di cantare, non sono mai passate.
Apofenizzo:
Tu hai perso un anello e sei una emigrata…
io sono una emigrata e conosco i tuoi sintomi;
quando andavo dalla psichy i primi tempi, quando ero nichilista patologica – e ora cosa sono? – mi giravo l’anello per concentrarmi su un discorso coerente.
Sull’olandese io qualche etto di prosciutto me lo sarei presa…
Ho scoperto oggi il termine Apophenia, ovvero la tendenza a riconoscere pattern e connessioni tra avvenimenti che invece senso ne hanno ben poco. D’ora in poi, chiamateni apophenia!
http://en.wikipedia.org/wiki/Apophenia
slappina!!!
e’ stato bello vederti, nel frattempo pero’ a rotterdam mi hanno sequestrata, ho fatto un’escalation professionale in pochissimo tempo, da tecnico della rete a mano destra del cinese (e che mano) sinche’ oggi nn mi han chiesto di far la traduttrice. vabbhe’, sorvoliamo, in realta’ ho un gran sonno, ti confesso. nel mentre, ho vinto il broccolo d’oro.
che dire, a quanto pare l’uomo del 2007 e’ serio intenzionato e propenso al matrimonio. insomma, una manica di cazzate, un assegno post-datato, un pattern che si ripete. io, che piuttosto mi slaccio una vena del braccio, rido, pensando al prozac negli acquedotti.
salutam’assorata,
xname detta anche ‘frigidarium’
ti prego laaaaasciami
vorrei provare anch’iiiiiiiiooo
che cosa importa se e’
tutto sbagliaaaaaaaaatoooooo
(Ustmamo’, il secolo scorso)
alla festa non ci sono arrivata, la sorella mi ha risucchiato pero’ sono contenta: questo viaggio era per lei.
e ho conosciuto te, e anche quello e’ stato un bene ;)
ci vediamo sulla rete. tu cerca di stare bene e di curarti le ferite.
un bacione e grazie,
zia