The following are hand written notes from July 2004, when i was travelling between Mostar and Sarajevo. I publish the original text, in italian.

Sarajevo e’ circondata dai monti. Per quattro anni e’ stata bombardata, senza acqua, elettricita’. Una strada porta a nord, una a sud, una ad est ed una ad ovest.
La biblioteca e’ distrutta.
Una sorta di ponte tra est ed ovest.
Ad est affondano le radici.
Come Alessandria, come Baghdad.
La negazione dell’origine, dei numeri, dei segni, di tutto.
Chi non ha passato vuole possedere la storia.
La cultura e’ un mistero.
La tecnologia appare come un miraggio, scissa dalla magia, figlia di una scienza che da sola non basta.
Cento bombe al minuto, il tempo di contare.
Le nazioni unite, il cibo e gli avanzi del Vietnam. 

Most significa ponte.

La citta’ e’ distrutta. All’una si sente il mojadin, o come si scrive, il canto musulmano, un lamento al posto delle squillanti campane. E’ poetico. La gente si da’ allo struscio. Vi e’ ancora voglia di festa, ed allegria.

Sarajevo e’ dignitosa, pulita, smagliante. Hanno distrutto il centro. Le famiglie sono un po’ smembrate. Ma unite. Il monte Ivan separa l’Erzegovina dalla Bosnia. Questo monte blocca il clima mediterraneo al di la’. Un tunnel di poco piu’ di seicento metri separa due regioni dal clima completamente diverso. L’Erzegovina e’ rocce, macchia mediterranea, montagne scoscese. La Bosnia e’ invece continentale, piu’ fredda, collinosa. Mitteleuropea. Siamo sui Balcani. E’ una piccola citta’, lunga e stretta.
La macina comune fronteggia il cimitero sullo collina.
La macina e’ una gigante costruzione in cemento grigio.
Il pane e’ buono, ora. 

If you want to know more, read my dream from those days!