Non riesco a scrivere. I post finiscono miseramente nella memoria, nel vuoto, inghiottiti  dal frammento di tempo, tra quando penso a quando le mie dita toccano la tastiera, persi tra il  momento in cui avrei dovuto salvare  e quello in cui lo scritto non c’e’ piu’. In fondo non sta succedendo nulla. Anche io sono inghiottita in qualche frammento, non sono ancora ma non sono gia’ piu’. Una sensazione di disagio mi accompagna da giorni: piove, fa freddo, esce il sole, diluvia, l’aria si scalda, si raffredda, esce il sole, ancora, per poco.

Sole, solitudine. Non mi sentivo cosi’ da tempo: il tempo. Passo le giornate cincischiando da una stanza all’altra: consulto l’oracolo, leggo Philip Dick, non esco. Fondamentalmente non mi va. All’improvviso sento la chiamata. Mi sveglio, guardo indietro e piango. Sono commossa: il passato, gli amori il lavoro i canali le biciclette… ZIP!  All’improvviso, il passato era passato per sempre. Tra una lacrimuccia e l’altra sono scesa di corsa al parco, e abbiamo pisciato sui miei vent’anni.

Il giorno dopo tutta un’altra energia: di ottimo umore, energica e frizzante, mi fisso a guardare per ore la mappa di Londra, in stato di contemplativa generazione. Ecco il  futuro, che forse e’ presente.

Se la vita fosse semplice, sarebbe forse noiosa? Non so.

In questo stato delirante di malinconie ed entusiasmi, sogni ed ossessioni, cambiamenti, ecco che spunta la variabile piu’ critica, quella che in ogni algoritmo riesce comunque e sempre a far saltare tutto il sistema: la famiglia.


Xname per un attimo si sente un po’ come il papa, Papa Giovanni, affacciata alla finestra di noblogs benedisce gli attivisti con sostanze psicotrope e additivi aggiunti. 

Dicevamo, appunto, la famiglia. Non sono mai andata al museo di Van Gogh, e, dopo cinque anni in Olanda, ecco che finalmente i miei sono miracolosamente pronti per venirmi a trovare! Che bello, davvero! Peccato io sia completamente persa in me stessa, piove e sto traslocando. Nell’impossibilita’ di dire si, e nell’impossibilita’ di dire no, mi trascino da giorni dal salotto alla cucina, dalla cucina alla camera da letto, con il cuore ancora una volta spezzato. Se fossi un vampiro, basterebbe un bastoncino di legno di ciliegio, ma io, che sono una bambinetta, mi stappo il cuore con un cavatappi e lo spingo a due mani nel freezer, e mentre il sangue gocciola nella stanza, imbrattando il frigo e il pavimento, pretendo sia solo caffe’.

Insomma, e’ tutto molto semplice, dici che te ne vai, ma quando finalmente lo stai per fare, ecco che spuntano …. e questo e quello e quello. Ma io … ma io …

Come dire, vorrei scomparire entro una settimana.

Ubik poco fa ha fatto una cosa … una cosa buffa e schifosa che ripete ogni tanto, e che io, restia ad accettare la realta’ bieca, tendo a reinterpretare alla ricerca di una metafora illuminante. Insomma, il cane alza la gamba e caga :D

E vabbhe’… ogni tanto si sbaglia, e caga in aria verso il cielo. Cosa vorra’ mai dire, Xname? Cagare con la gamba alzata, ecco la soluzione di tutto, il numero nascosto, la risposta che cercavo. 

Insomma, non ho molto da dire: vivo isolata, non fumo, non bevo, non dico parolacce.

In verita’ digrigno tra i denti una quantita’ di bestemmie che il rosario del vicino si e’ frantumato e se poco poco assaggio una canna o bevo un bicchierino, sarei a pronta a strafare, accendo il calumet, limono con tutti, e finisco immancabilmente a letto da sola, perche’ ad un certo punto la gente mi stanca e mi stufa e preferisco star sola tra macchine e cane, e l’alcool e il fumo non li reggo piu’, il mio corpo rifiuta. Forse sto per diventare un Santo, forse un coglione. 

Sono prigioniera in casa, cerco il coraggio di fuggire,  cerco un passaggio  verso Sud, cerco me stessa e non mi trovo. Non ho voglia di far nulla. Il vero niente assoluto, la noia.

Non ascolto musica, quasi. Stato  pericoloso, quello del silenzio che non si vuole ascoltare. Cosa succede laggiu’? Non suonavo da mesi. Inizio a strimpellare qualcosa: dalle cuffie escono ragni e cimici e mostri neri come scarabei ed altre cose scure e dense piene di male. Mentre sputo il mio veleno, vedo lo sciame allontanarsi da me. Eseguo una musica cosi’ paurosa e profonda, che anche il diavolo trema, accovacciato ridente sul mio davanzale.